Edizioni Sonda

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Careful with that axe, Hugo

Il premio Hugo, insieme con il Nebula, è probabilmente il più importante premio letterario per la fantascienza a livello mondiale: il 4 aprile sono stati resi pubblici i finalisti, per tradizione segnalati dagli appassionati (dove per appassionati si intendono i partecipanti alla WorldCon, l’appuntamento annuale itinerante della fantascienza mondiale). Il meccanismo di segnalazione fino a qualche anno fa funzionava abbastanza: recentemente però è stato oggetto di scalate e di attacchi organizzati che con le candidature 2015 ha raggiunto un punto di non ritorno.

 

Ne fa un’ottima sintesi il Corriere della fantascienza: c’è un gruppo di autori di fantascienza che rivendica una sua visione politica, i Sad Puppies, appartenenti al composito ambiente della destra cristiana. E un altro gruppo, i Rabid Puppies, ispirato al primo ma ancora più estremista (l’animatore principale, Theodore Beale alias Vox Day, è stato espulso dall’associazione degli autori di fantascienza per frasi razziste, omofobe, misogine… Un esempio: “Considero i diritti delle donne un morbo da sradicare” e parlando di immigrazione quest’altra: “L’invasione messicana degli Stati uniti è dieci volte più grande dell’Operazione Barbarossa”).

 

Questi due gruppi di fondamentalisti cristiani hanno coordinato i propri voti e aiutato i propri lettori a partecipare alla selezione, in modo da monopolizzare quasi tutte le categorie del premio Hugo: gran parte dei finalisti (tutti, in molte categorie) sono graditi a questa frangia ultracristiana, che predica diffidenza nei confronti delle donne e della modernità, e tante altre piacevoli cose.

 

La notizia è interessante (e raccapricciante) anche per chi non si interessa nello specifico di fantascienza: non perché mostri quanto i premi letterari siano manovrabili e sempre meno affidabili, questo in Italia lo sappiamo bene.

 

No: è interessante perché mostra una strategia latente, una nuova forma di censura e un modo di vedere il mondo culturale come un campo di battaglia dove imporre le proprie idee, ovunque. Di più: un’attenzione ai punti deboli del sistema da tutti i punti di vista (comunicazione, democrazia, rappresentanza diretta, scarsa attenzione e scarsa competenza) per compiere operazioni di pirataggio mediatico che si giustificano da sole nel nome di un’ideologia da imporre.

 

Così alcune grandi invenzioni nate in un contesto libertario e sognante, come la fantascienza o internet, vengono piegate facilmente a veicoli di propaganda.

Uno dei punti chiave di questa propaganda è che il sistema editoriale è governato da una casta di editor e di persone che impongono le proprie scelte: come a volte accade, però, l’epurazione di questa supposta casta (e l’aggressione simbolica ad alcuni dei suoi rituali, come i premi) non serve a creare una situazione più democratica, ma solo a incanalare la rabbia. E a imporre soluzioni. Perché per alcune persone tutto è propaganda, tutto serve per imporre una egemonia culturale.

 

In cui non ci sia nemmeno più bisogno di dar fuoco ai libri, ingenui che siamo noi, noi che siamo rimasti a Bradbury, quando il mondo invece assomiglia a Ballard.

 

 

 

 

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