Stanotte ho dormito poco perché Nessuno non la smetteva di uggiolare.
“Che cosa può essergli successo?” ho chiesto a mio padre verso le due.
“Potrebbe aver mangiato qualcosa di inappropriato quando l’hai portato a passeggiare dopo cena”.
“Sono sicuro che non ha toccato niente di pericoloso. Non l’ho perso mai di vista”.
Per fortuna verso le quattro ha smesso di lamentarsi e si è addormentato.
Io, però, sono andato a scuola avendo dormito si e no tre ore in tutto.
Dev’essere per questo che, durante l’ora di Panizza, il nostro prof di lettere, a un certo punto ho avuto un colpo di sonno, sono scivolato dalla sedia e ho battuto la testa per terra.
Credo di essere rimasto stordito per qualche secondo. Infatti la voce di Riccardo mi arrivava come ovattata.
“Tony, Tony, cos’hai?”
Quando ho riaperto gli occhi e mi sono rimesso a sedere al mio posto, si è avvicinato il prof.
“Cos’è successo?” mi ha chiesto.
“E’ tutto a posto, prof. Non ho nulla”.
“Eh, no, caro mio. Tu hai battuto la testa per terra. Il colpo si è sentito chiaramente. Non posso lasciare le cose così. Devi andare subito al pronto soccorso. Ho una responsabilità e ci vuole poco a farmela pesare in caso di conseguenze spiacevoli”.
“Le dico che sto bene”.
“E io dico che voglio essere sicuro che tu non abbia subito danni. Ti gira la testa? Ti viene da vomitare”.
“No”.
Panizza mi ha guardato perplesso, come se volessi nascondergli qualcosa. Poi si è affacciato nel corridoio e ha chiamato Rocco, il custode della scuola.
Gli ha riassunto quello che era successo in classe e gli ha chiesto di accompagnarmi in direzione.
La dirigente è stata d’accordo con Panizza e ha pregato Rocco di condurmi con urgenza al pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni Bosco.
“Intanto telefono a casa tua” mi ha detto.
Mentre andavano in auto al pronto soccorso, ho detto a Rocco: “E’ tutto inutile, non ho nulla”.
“Un controllo non può farti male. Inoltre la scuola fa bene a tutelarsi. In caso di conseguenze, può dimostrare che non ha trascurato niente. Ti stavi per caso dondolando sulla sedia?”
“Macché, stanotte ho dormito poco. Il mio cane stava male”.
Il medico ha capito subito che era tutto a posto. Non avevo nemmeno un bernoccolo.
Quando sono tornato da Rocco, in sala d’attesa c’era anche mia madre.
“Come stai? Come stai?”
Il medico l’ha rassicurata.
“Lo porto a casa” ha detto comunque mia madre al custode.
“Forse ci vuole un permesso da parte della scuola” ha obiettato Rocco.
“Ho il certificato dell’ospedale. Telefono io alla preside più tardi. E grazie per essersi occupato di Antonio”.
“Dovere”.
Una volta a casa, mia madre ha preteso che andassi a stendermi sul letto e ha continuato a chiedermi se andava tutto bene. Io ho continuato a risponderle che stavo benissimo e che avevo soltanto sonno perché non avevo dormito quasi niente la notte prima.
Perciò mi sono addormentato, mentre Nessuno mi guardava e sembrava chiedermi scusa per la nottataccia che mi aveva procurato.
Mi sono svegliato all’ora di pranzo, ho atteso che Riccardo uscisse da scuola e arrivasse a casa, e l’ho chiamato.
“Ti hanno fatto la Tac?”
“Macché, Rick. E’ stato solo molto rumore per nulla. Come nella commedia di Shakespeare.”
“Che roba è?”
“Un giorno me ne ha parlato mio padre. Poi te la racconto”.
La serie del piccolo Antonio di Angelo Petrosino