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Derby pericoloso

Fino a ieri non ero mai entrato in uno stadio vero e proprio.
Ma ieri c’era la partita del derby Torino-Juventus e mio padre mi ha proposto di andare a vederla insieme.
Lui non si interessa granché al calcio, preferisce l’atletica. Ma è contento che io sia iscritto a una società sportiva e che pratichi il calcio con serietà.
Ieri mi ha ricordato: “Rispetto per l’avversario prima di tutto, Tonio”.
“Rispetto anche per me, papà”.
“Hai subito delle scorrettezze?”
“Più che altro degli sgambetti”.
“E l’arbitro non li ha sanzionati?”
“Qualche volta sì, qualche volta no”.
“L’importante è che nel campo non volino parole grosse. Parolacce, offese, insulti provocatori, insomma”.
“Ci sono anche quelli”.
“Con i ragazzi bisogna essere fermi e severi al riguardo”.
“Non sono loro che li dicono, papà, ma i genitori che vengono ad assistere alle partite. In un paio di occasioni si sono anche presi a botte”.
“E come hanno reagito i responsabili della società? Che provvedimenti hanno preso?”
“Nessuno. Ma il nostro allenatore ha detto a un paio di genitori che o la smettevano di dare in escandescenze durante le partite, o avrebbe chiuso loro in faccia le porte del campetto”.
“Vorrei andare allo stadio non solo per farti fare un’esperienza nuova, Tonio. In realtà voglio farla anch’io. Ho in mente di descrivere l’atmosfera di uno stadio durante una partita particolarmente accesa, e voglio constatare personalmente che cosa succede sugli spalti”.
A quel punto gli ho chiesto: “Porteresti anche Riccardo con noi?”
“Volentieri, se i suoi genitori glielo consentono”.
“Lo chiamo e glielo chiedo”.
I genitori di Rick sono stati d’accordo.
“E sai perché?” mi ha chiesto Riccardo. “Perché dicono che sono soddisfatti dei voti che ho preso ultimamente a scuola. C’è sempre la scuola di mezzo quando si tratta di farmi un regalo o di concedermi qualcosa che desidero. Per me è un ricatto bello e buono. Tu per quale delle due squadre tifi, Tony?”
“Mi piacciono tutte e due”.
“Non è possibile, te ne deve piacere solo una”.
“Non mi so decidere”.
“Nemmeno io, a dire la verità”.
“Applaudiremo chi gioca meglio”.
Avevamo appena preso posto sulla gradinata in curva, quando due tizi ci hanno chiesto: “Vi diamo un euro se, quando ve lo diciamo noi, lanciate un fumogeno in campo. Ma dovete lanciarlo forte. E vogliamo che arrivi proprio davanti al portiere”.
Non gli abbiamo nemmeno chiesto come facevano ad essere sicuri che tifavamo per la squadra per la quale tifavano loro.
“Non ne abbiamo voglia” ha risposto Riccardo. “Tiratelo voi, se vi va”.
“Voi siete minorenni, non vi farebbero niente se se ne accorgessero. Noi, invece, rischiamo il Daspo”.
“Che roba è?” gli ho chiesto.
“Non vi preoccupate. Tirate il fumogeno e l’euro è vostro”.
A quel punto è intervenuto mio padre per chiedere chiarimenti.
I due si sono spostati più in là e ci hanno lasciati in pace.
“Che cosa volevano?” ci ha chiesto mio padre.
“Ci hanno detto che siamo minorenni” gli ha risposto Riccardo.
“Ma responsabili. Glielo avete ricordato?”
“Non abbiamo fatto in tempo”.

 


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