Edizioni Sonda

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Erica ha mentito

“Cosa facciamo?”
“Pranziamo. Avrà perso il tram”.
“Ne avrà perso più di uno. Sarebbe dovuta arrivare almeno tre quarti d’ora fa. Ma perché non risponde al telefono? Perché non chiama?”
A quel punto sono intervenuto io nella conversazione tra mio padre e mia madre a proposito di Erica, che non era arrivata a casa da scuola all’ora solita.
“Che messaggio dà il telefonino?” ho chiesto a mia madre.
“Risponde che l’utente non è raggiungibile”.
“Faccio un controllo”.
Sono andato nella camera di mia sorella. Il suo telefonino era sulla scrivania. Ho provato ad accenderlo, ma rimaneva spento. Evidentemente bisognava ricaricarlo. Ma ho preferito non farlo. Erica si sarebbe arrabbiata.
“Ha lasciato il telefonino a casa ” ho comunicato ai miei genitori. “E in più è scarico”.
Erica è arrivata dieci minuti dopo.
“Scusatemi, ho dimenticato di prendere il telefonino” ci ha detto entrando con il viso rosso e i capelli scomposti, come se avesse fatto una lunga corsa.
Con gli occhi che le brillavano, ha baciato con trasporto mia madre, ha baciato anche mio padre(cosa che non fa di solito) ma, soprattutto, ha stretto me in un abbraccio soffocante e mi ha chiesto allegramente: “Come stai, fratellino?”
Poi è andata nel bagno a lavarsi le mani, ma anche a fare qualcos’altro, perché ci ha messo un quarto d’ora prima di venire in cucina.
I miei genitori si sono guardati perplessi, a dir poco.
“Non ci ha detto perché è arrivata in ritardo, però” ha osservato mia madre, prima di mettere la pasta in pentola.
“Non facciamole domande” ha suggerito mio padre. “Glielo chiederemo al termine del pranzo”
“Non l’ho mai vista così allegra. Sprizzava felicità da tuti i pori. Che cosa può esserle successo?”
Io un’idea ce l’avevo. Doveva essersi rappacificata con Ettore.
E ho avuto ragione.
Ai miei genitori Erica ha parlato di ritardo dei mezzi pubblici, di certi chiarimenti che aveva avuto con una amica che non stava tanto bene.
Tutte bugie.
A fine pranzo è andata nella sua camera. Prima di venire a tavola aveva messo sotto carica il telefonino. Lo ha impugnato, con il caricabatteria ancora inserito nella presa, e ha fatto una telefonata.
Non ho potuto fare a meno di sbirciare e di ascoltarla, perché ha lasciato la porta socchiusa.
Questa volta, però, non ha schiacciato il tasto dell’altoparlante e ho sentito soltanto le sue parole.
“Hai già pranzato, amore?…Non hai idea di quanto abbia sofferto…E invece non era vero niente….Sì, lo so, non potevi tradirmi con Gina….Stupida io che ci ho creduto…Ma cosa dovevo fare?….Ti amo troppo e la gelosia mi ha travolto…Ho voglia di rivederti…Posso fare un salto in centro tra un paio d’ore…D’accordo, come vuoi…Ah, vorrei tanto baciarti! A domani, tesoro…”
Appena ha riattaccato il telefono, mi sono fiondato nella mia camera.
Erica è venuta a trovarmi quasi subito.
“Si sono arrabbiati  molto mamma e papà?” mi ha chiesto.
“Erano preoccupati, più che altro”.
“Ho mentito loro, Tonino”.
“Lo so”.
“Come fai a saperlo?”
“Lo immagino”.
“Comunque, voglio essere sincera con la mamma. Più tardi gliene parlerò. Sono certa che capirà. In fondo, anche lei è stata una giovane donna. Un giorno avrai anche tu i tuoi segreti, fratellino”.
Mi ha fatto una carezza ed è uscita canterellando.

 


La serie del piccolo Antonio di Angelo Petrosino

La serie di Antonio

 

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