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II lividi di Erica

Oggi Erica è tornata da scuola con un livido sulla fronte.
“Con chi ti sei scontrata?” le ho chiesto.
“Con nessuno, fatti i fatti tuoi”.
Tipico di Erica.
“Era solo curiosità. Non è il caso che te la prendi tanto”.
“Scusa, non volevo risponderti male”.
“Non importa, ci sono abituato. Mi dici dove hai battuto?”
Si è stretta nelle spalle, ha portato lo zaino nella sua camera ed è andata nel bagno.
Poi è andata a parlare con mia madre in cucina, accostando la porta.
Ma io avevo il dovere di origliare. Poteva succedere a me quello che era successo a lei, no? Magari potevo ricavarne una lezione di vita, come diceva la maestra.
“Che cosa ti è successo, Erica?” le ha chiesto la mamma.
“Alcune ragazze stavano tormentando Maria Elena. Lo fanno da alcune settimane, ormai. Lei sta zitta, incassa e piange. Oggi ho pensato che ne avevo abbastanza e quando hanno cominciato a spintonarla, sono intervenuta per difenderla e sottrarla alle loro grinfie. Lo spintone me lo sono preso io al suo posto e ho battuto la testa contro lo spigolo del muro, dalle parti del bagno, dove l’avevano isolata”.
“Ti fa male?”
“Non tanto. Se non si fosse trovato a passare un prof, avrei reagito a modo mio. Ho fatto male?”
“No, sono orgogliosa di te. Com’è finita?”
“Credo che d’ora in poi quelle tre lasceranno in pace Maria Elena. Il prof, che è anche vicepreside, è uno di quelli che non girano la faccia. Le ha messe in guardia e si sono allontanate con la coda tra le gambe. Maria Elena non dà fastidio a nessuno, ma è troppo bella per loro. Si rassegnino”.
Quando, più tardi, ne ho parlato con Riccardo, mi ha detto: “Tua sorella è una tosta”.


 

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