Non mi interesso molto alle faccende personali di Erica. Ma i suoi comportamenti, a volte bizzarri, mi incuriosiscono sempre.
A volte si trucca e si strucca in pochi minuti. Cambia vestiti a ripetizione prima di uscire, anche se alla fine mette quello che ha provato per primo. Mentre lo fa, parla da sola.
La porta della sua camera in genere è socchiusa, perciò sento tutto quello che dice.
Oggi, senza volerlo, ho ascoltato la telefonata che ha avuto con una delle sue amiche. In casa c’eravamo soltanto io e lei.
Quando è squillato il suo cellulare, ho drizzato le orecchie. Erica ha premuto il tasto dell’altoparlante e la voce della sua amica era forte e nitida.
“Ciao, Erica”.
“Ciao, Gina”.
“Senti, mi dispiace dirti quello che sto per dirti”.
“Che cosa stai per dirmi? Non mettermi ansia, per piacere”.
“E’ meglio che te lo dica io, no?, che ti sono amica”.
“Su, parla”.
“Guarda che Ettore è stato visto con Franci”.
“Non ci credo”.
“Me l’ha detto Rita. Dice che li ha visti passeggiare insieme sotto i portici di piazza Castello”.
“Quando?”
“Ieri pomeriggio”.
“Ti ha detto una bugia”.
“Erica, conosco bene Rita. Non è una che si inventa le cose per suscitare pettegolezzi e vespai”.
“Come è possibile? Ettore e io stiamo insieme da mesi e non abbiamo mai bisticciato. Non posso credere che mi tradisca con Franci. Perché dovrebbe farlo?”
“Mi dispiace, Erica. Parlane con Ettore, ma non dirgli che sono stata io a riferirtelo. E non accennare nemmeno a Rita. Non vuole passare per spiona”.
Mentre parlava al telefono, mia sorella misurava a grandi passi la stanza e la sua voce si faceva sempre più stridula. Era come se si sforzasse di non urlare tutta la rabbia e la delusione che le stavano montando dentro.
“Magari è solo un episodio occasionale” le ha detto Gina. “Lo sai com’è Franci. Lei vuole sentirsi al centro dell’attenzione dei ragazzi, ma poi li molla uno dopo l’altro. E’ probabile che lei e Ettore non si vedranno più”.
Mia sorella non le ha risposto e, con un saluto frettoloso, ha riattaccato.
Quando si è affacciata nel corridoio, non ho fatto in tempo a sgusciare nella mia camera.
“Sei stato ad ascoltare?” mi ha chiesto con voce furibonda.
“Stavo tornando dalla cucina. Sono andato a bere un bicchiere d’acqua”.
“Non hai risposto alla mia domanda”.
“Non ho sentito nulla. Non so di cosa stavi parlando”.
Erica ha chinato la testa e non ha insistito oltre. Mi ha stupito la sua aria improvvisamente remissiva. Doveva sentirsi proprio giù.
Dopo che è rientrata nella sua camera, sono andato nella mia. Sono affiancate una all’altra e quando mi è sembrato di sentirla piangere, ho accostato l’orecchio al muro.
Ero proprio curioso di sentire che cosa Ettore e mia sorella si sarebbero detti al telefono.
Ma il telefono è rimasto silenzioso e alla fine mi sono appisolato con la testa sulla scrivania.
La serie del piccolo Antonio di Angelo Petrosino