Ogni volta che sento il suono lacerante di una sirena, non posso fare a meno di fermarmi, se sono in strada, o di affacciarmi alla finestra, se sono in casa.
E’ quella dei vigili del fuoco? E’ quella di un’ambulanza? E’ quella della polizia o dei carabinieri?
Se si tratta dei vigili del fuoco, provo ad immaginare dove stanno andando. A spegnere un incendio? E che cosa ha preso fuoco? Un alloggio? Un capannone? Una macchia di bosco?
Oppure si è allagata una cantina? C’è stato un crollo? Qualcuno ha perso le chiavi e non può rientrare nell’alloggio? E se andassero semplicemente a salvare un gatto che non riesce più a scendere dai rami più alti di un albero e che ha tenuto svegli tutta la notte i condomini del palazzo di fronte?
Se invece la sirena è quella di un’ambulanza, mi chiedo chi sta trasportando. Qualcuno che è stato vittima di un incidente stradale? Qualcuno che ha bisogno di cure immediate per rimettere in marcia il cuore? E’ un uomo o una donna? E’ un giovane o un anziano? Ma potrebbe essere anche un bambino che ha giocato con i detersivi di casa e al quale devono fare subito una lavanda gastrica.
Se la sirena è quella della polizia o dei carabinieri, mi riesce più difficile immaginare dove stanno correndo. A fare una cosa utile e buona comunque, ad aiutare qualcuno in difficoltà.
Per me la sirena è il simbolo della vita in città.
“Cosa pensi quando senti una sirena?” ho chiesto oggi a Riccardo.
“Dipende. Se è quella di un’ambulanza che passa da queste parti, penso che sia venuta a prendere Erminio, quello che ha centodue anni ed è famoso nel quartiere”.
La serie del piccolo Antonio di Angelo Petrosino