A mio padre piace parlarmi di libri vecchi, dimenticati, strani.
“Sapessi che scoperte si fanno frequentando le vecchie biblioteche” mi dice. “L’ho fatto spesso da ragazzo. Sfogliavo i cataloghi come alla ricerca di una mappa del tesoro. Per esempio, c’è un libro che si intitola Storia di Pipino nato vecchio e morto bambino. Lo scoprii per caso nella biblioteca civica della nostra città. L’autore del libro, un certo Giulio Gianelli, era nato a Torino”.
“Quanto tempo fa?”
“Nel 1879. Ebbe una infanzia complicata e povera, perché rimase orfano di entrambi i genitori quando era molto piccolo. E questo fatto lo segnò profondamente”.
“Di cosa parla nel libro?”
“Di un certo Pipino che, nato vecchio, col passare degli anni ringiovanisce sino a diventare un neonato”.
Mio padre mi ha raccontato la storia e io l’ho raccontata a Riccardo.
“Non ti sembra una storia un po’ balorda?” mi ha chiesto quando l’ho terminata.
“E’ curiosa, però. A me non sarebbe venuta mai in mente. Ti piacerebbe essere come Pipino, Rick?”
“Che razza di domanda mi fai, Tony? Tanto alla fine, morirei lo stesso, no?”
Comunque ci siamo messi a parlare di questa eventualità.
Io ho detto: “Se uno nasce vecchio, essendo debole, può farsi male più facilmente”.
“Anche i neonati si fanno male. Il figlio della nostra vicina, che ha solo sei mesi, è caduto dalla culla. Ma è stato fortunato e non si è fatto niente”.
“Se però cade un vecchio, si rompe facilmente una gamba, Rick. O magari anche una spalla”.
“Certo, però, se sai che crescendo diventerai sempre più forte, c’è più soddisfazione. Se invece nasci normalmente, sai che col passare del tempo diventerai sempre più debole”.
“Allora cosa è meglio, Rick?”
“Che la smettiamo di parlare di queste sciocchezze, Tony. Le cose stanno così e basta”.
Oggi sono andato con Riccardo e mia madre al mercato di Porta Palazzo.
Mentre lei acquistava, Rick e io ci siamo guardati intorno. C’erano soprattutto donne intorno alle bancarelle. Chi gridava, chi diceva sono arrivata prima io, chi rispondeva ci vuole una bella faccia tosta a dire una bugia grande come una casa, mentre il fruttivendolo assicurava che c’era roba buona per tutti, che bastava avere un po’ di pazienza, che avrebbe fatto dei prezzi stracciati visto che era passato mezzogiorno e che un’ora dopo avrebbe chiuso la baracca. “Fidatevi di me” ha concluso. “Mi chiamo Pipino e servo tutti a puntino”.
Queste parole ci hanno fatto drizzare le orecchie. Allora Riccardo mi ha detto: “Adesso gli chiedo se conosce la storia di Pipino”.
Il fruttivendolo ha ascoltato la domanda di Riccardo e gli ha risposto: “Io di storie conosco soltanto la mia. Ma non ho il tempo di raccontartela perché devo servire queste belle madamine. Calma, carine, calma, Pepino serve tutti a puntino. Ma dategli il tempo, via”.
La serie del piccolo Antonio di Angelo Petrosino