Alcuni giochi sono splendide macchine per mettere alla luce dei meccanismi, degli esperimenti che rendono palesi e condivisi percorsi altrimenti taciti e silenti. Spesso quando questo accade, sono giochi divertenti, perché giocando scopriamo e mettiamo in circolo cose che sappiamo senza sapere di sapere: non è uno stimolo puramente mentale, ma un coinvolgimento totale ed esteso, perché il gioco, quando è un buon gioco, è immersivo e ci coinvolge nella nostra pienezza.
Allora parliamo di un gioco: in questo caso di un gioco vecchio e nuovo, Sherlock Holmes Consulting Detective, uscito originariamente per la Sleuth Publications nel 1981, quindi tradotto in diverse lingue (in italiano nel 1987 per la International Team come Consulting Detective; in francese, spagnolo, svedese e teedsco: vince lo Spiel des Jahres nel 1985). Del gioco base sono uscite diverse espansioni, un’ambientazione parallela (di genere hard boiled) e tre videogiochi. Il gioco conosce un buon numero di appassionati e sono questi a farlo rinascere: nel 2011 sono quattro fan francesi, che avevano incontrato il gioco da ragazzini, a decidere di riprenderlo in mano, aggiornarlo e rivederlo nei materiali per poi ripubblicarlo in una nuova veste editoriale per Yistari games, la stessa che esce in italiano per Asterion press nel 2013 nella traduzione di Fiorenzo Delle Rupi (Sherlock Holmes consulente investigativo).
Come suggerisce il nome, il gioco è ambientato nella Londra di Sherlock Holmes; i giocatori prendono le parti degli irregolari di Baker Street, la banda di ragazzini che ogni tanto aiuta Holmes nelle indagini: dovranno nel gioco seguire gli indizi e aiutarlo a risolvere dei casi.
Tecnicamente, il gioco ha l’appeal di un gioco di ruolo (un gioco in cui si impersona un personaggio vivendo il racconto in prima persona) ma funziona come un libro-game (un racconto a bivi, dove si sceglie come proseguire la lettura alla fine di ogni paragrafo).
Dentro la scatola base ci sono dieci libretti per altrettanti casi; i libretti non vanno letti dall’inizio alla fine, ma sono divisi in paragrafi – a ogni paragrafo corrisponde un luogo di Londra, e per risolvere un caso occorrerà visitare un certo numero di luoghi, mentre molti paragrafi non portano a niente o seguono piste secondarie.
Quello che rende il gioco particolare è che, a differenza di un libro-game, non ci sono rimandi alla fine di ogni paragrafo: in ogni momento la scelta del luogo da visitare (e quindi del paragrafo da leggere) è affidata alla logica e avviene in modo completamente libero.
I giocatori hanno infatti a disposizione, oltre al libretto del caso, una piantina della città, una copia del quotidiano del giorno (e di alcune dei giorni precedenti il caso), un elenco telefonico (“Annuario di Londra”) e una lista di informatori: incrociando i vari strumenti con la lettura del libretto si possono ricavare i numeri dei paragrafi potenzialmente interessanti per l’indagine.
Il gioco può essere fatto in modo cooperativo, cioè collaborando tutti alla soluzione del mistero: in questo caso, si leggono ad alta voce i paragrafi, si prendono appunti, ci si divide l’analisi dei documenti, si fanno ipotesi e si decide quali strade seguire – alla fine del gioco si potranno confrontare le proprie soluzioni con quelle di Sherlock Holmes e vedere se si è riusciti a rispondere a tutte le domande aperte compiendo più o meno passaggi dell’investigatore.
Personalmente, amo questo gioco: l’ho amato da ragazzo, alla sua uscita in italiano, e sono molto contento di questa riedizione aggiornata.
Rivedendolo oggi, e riprovandolo oggi, Sherlock Holmes consulente investigativo mi dice anche qualcosa di più su come leggiamo e su come condividiamo ciò che accade durante la lettura; giocandolo con un piccolo gruppo (già con sei giocatori diventa dispersivo), emergono le diverse strategie e i diversi atteggiamenti: c’è chi cerca subito la soluzione proiettandosi in avanti, e c’è chi si sofferma e torna indietro per rileggere meglio il testo e cercare indizi; c’è chi cerca sempre di condividere tutti i propri passaggi logici e chi invece ha bisogno di silenzio e si chiude in percorsi paralleli; c’è chi ragiona immedesimandosi nei personaggi e cercando di coglierne i moventi, e chi si àncora alle prove materiali; chi guarda al dettaglio e chi studia il quadro generale. Questo capita sempre nella lettura, in qualsiasi lettura, ed è un’ottima base per giocare insieme con le storie: perché ogni lettore è portatore di un percorso mentale diverso, e non c’è un solo modo di leggere (anche quando, come qua, esiste una sola soluzione valida).
Per un mediatore della lettura, poi, questo gioco mette in evidenza l’importanza dei materiali di gioco, cioè degli strumenti per condividere l’esperienza e per discuterla: se la lettura prevede un percorso lineare e un ordine logico-cronologico dei fatti, il gioco e la condivisione richiedono l’assenza o la rarefazione di questa linearità. La storia non deve essere lineare per poter essere interessante, e questo sta alla base del successo dei libri-game e dei racconti a bivi, in cui cerchiamo “la strada giusta” o di capire quante strade ci sono; non deve essere lineare però anche per consentire a tutti di mettere in scena i propri percorsi di lettura.
Così, gli strumenti di condivisione di Sherlock Holmes consulente investigativo possono trasformarsi in altrettanti strumenti per l’animazione: mappe della storia (già realizzate o da realizzare), giornali e scritture secondarie per moltiplicare il racconto, elenchi di possibili personaggi per moltiplicare i punti di vista. C’è certamente di che ispirarsi e portare avanti percorsi di lettura, occasioni di condivisione e di invenzione!
Ah, e comunque: credo faccia bene sia a una libreria che a una biblioteca avere dei giochi a scaffale. Dà l’idea, in modo subliminale, che le storie abbiano anche un valore sociale: per molti, oggi ancora di più, questo è molto importante.