Edizioni Sonda

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Un incidente all’incrocio

Ieri sera, mentre eravamo a tavola, ho chiesto a mio padre: “Hai mai fatto un incidente in auto, papà?”
“No, dovresti saperlo. Non è una cosa che si possa nascondere”.
“Intendevo dire quando ero molto piccolo e non ero ancora in grado di capire”.
“Mai, te lo garantisco. Sono molto prudente, ma la fortuna mi ha aiutato”.
“Non vedo l’ora di prendere la patente” ha osservato Erica, mentre perdeva la pazienza ad arrotolare gli spaghetti intorno alla forchetta. “Odio gli spaghetti, mamma, lo sai. Perché non cucini più spesso i maccheroni o le penne?”
“Come mai sei tanto ansiosa di prendere la patente?” ho chiesto a mia sorella.
“Per essere più indipendente e muovermi a mio piacere”.
“Non basta avere la patente. Bisogna avere anche un’auto”.
“Prenderò quella di papà. Tanto lui non la usa quasi mai”.
“Sei d’accordo?” ho chiesto a mio padre.
“Ci penseremo a tempo debito. E’ ancora presto”.
“Spero che abbassino l’età per ottenerla” ha aggiunto Erica. “Comunque potrei già prendere quella per guidare il motorino. Me lo comprereste?”
Erica ha rivolto la domanda sia a mio padre, sia a mia madre.
Mia madre non le ha risposto, mio padre le ha chiesto: “E’ proprio necessario averne uno?”
“Alcune mie amiche già lo hanno”.
“Non è una buona ragione per comprarlo” ho osservato.
“Di che ti immischi tu?”
Ho preferito non rispondere.
“Non pensi che sia meglio andare a scuola in autobus?” ha chiesto mia madre a Erica. “E’ più sicuro”.
“Saprei cavarmela bene nel traffico, stai tranquilla. Comunque, se non vi va di accontentarmi, non ci faccio una malattia”.
“Rimandiamo la decisione a questo autunno?” le ha chiesto mio padre.
“D’accordo”.
Devo ammettere che Erica non si impunta mai con i miei genitori. E’ forse per questo che l’accontentano spesso. E’ come se si sentissero un po’ in colpa nel negarle qualcosa che ha il sapore della ragionevolezza agli occhi di mia sorella.
D’altra parte, Erica macina un successo dopo l’altro a scuola e i professori non fanno che lodarla ogni volta che i miei genitori vanno a parlare con loro durante i colloqui.
Lo so perché me lo dice mia madre, ma senza esagerare troppo i meriti di mia sorella, perché teme di mortificarmi. I miei risultati scolastici, infatti, sono nella media. Tutti i professori sanno ormai che sono dislessico ed evitano di mettermi in imbarazzo in molte occasioni.
Ma io non mi faccio regalare niente. Studio con mia madre e con Riccardo e, dato che ho una buona memoria, imparo rapidamente i contenuti delle letture che mia madre fa al posto mio.
A proposito di incidenti automobilistici, oggi, uscendo da scuola, Riccardo e io ci siamo imbattuti in un tamponamento avvenuto proprio all’incrocio davanti alla nostra scuola.
“Andiamo a vedere se ci sono morti e feriti?” mi ha chiesto Riccardo.
Ma non si era fatto male nessuno. Il muso di un’auto era appena ammaccato, il retro dell’altra aveva solo qualche graffio.
I due automobilisti, però, urlavano a più non posso.
“E’ evidente che è colpa sua”.
“Ah, davvero? E’ lei che si è addormentato al volante”.
“Non mi dia dell’addormentato o perdo la pazienza”.
Le due auto bloccavano l’incrocio e gli altri automobilisti hanno cominciato a suonare il clacson perché le spostassero per far riprendere la circolazione.
“Niente di interessante” ha detto Riccardo. “Andiamocene”.
“Tuo padre ha mai fatto un incidente?” gli ho chiesto”.
“No, mia madre si arrabbierebbe troppo”. 

 


La serie del piccolo Antonio di Angelo Petrosino

La serie di Antonio

 

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