Mio padre scrive sia di mattina sia di pomeriggio. La mattina può farlo in assoluta tranquillità, perché Erica e io siamo a scuola.
Mio padre, però, dice che non vuole far “prevalere le sue esigenze su quelle degli altri”. Che lui è capace di scrivere e pensare anche se in casa non c’è un silenzio di chiesa.
Perciò dice a mia madre di fare tranquillamente i suoi lavori senza paura di disturbarlo. Ma lo dice anche a me e a Erica, quando siamo in casa e lui è nel suo studio che rimugina storie.
Oggi pomeriggio stava scrivendo come al solito, quando verso le tre è piombata in casa la signora Crisafulli.
“Dov’è suo marito? Dov’è?” ha chiesto a mia madre con una voce stridula e tremando come se avesse visto un fantasma.
“Sta lavorando”.
“Per favore lo chiami, non ho il coraggio di entrare in casa”.
“Ci sono i ladri?” le ho chiesto.
“C’è un topo in cucina, che orrore!”
“Non ha provato a farlo uscire dal balcone?” le ha chiesto mia madre.
“Quando l’ho visto, sono rimasta paralizzata. Sono riuscita soltanto a chiudere la porta della cucina e a venire da voi. Per favore, chieda a suo marito di aiutarmi a farlo andare via. Forse ha già attaccato il formaggio che è rimasto in tavola”.
“Di che formaggio si tratta?” le ho chiesto incuriosito.
“Di parmigiano reggiano, stagionato trenta mesi”.
“E’ il massimo per un topo. Come ha fatto a entrare in casa?”
“Non lo so, sarà sceso dal tetto. Sono mesi che chiedo all’amministratore di procedere a una derattizzazione del condominio. Non sono la prima a ricevere la visita di un topo. Ma lui niente, fa orecchio da mercante. La prego, signora Petrini, ho bisogno di suo marito. Il mio non torna prima delle sei”.
“Vado a parlargliene” ho detto.
Mio padre ha allargato le braccia.
“Ho appena finito un capitolo e pensavo di cominciarne un altro…Pazienza”.
La signora Crisafulli ha dato le chiavi del suo alloggio a mio padre e gli ha detto: “E’ in cucina. Faccia attenzione che non si infili nelle altre camere”.
“E’ piccolo o grande?” mi sono informato.
“Sarà lungo almeno quindici centimetri”.
“Con o senza la coda?”
“Sono domande da fare a una persona spaventata?”
“Posso venire con te?” ho chiesto a mio padre.
“Andiamo”.
Una volta nell’alloggio della signora Crisafulli, mio padre si è diretto verso la porta della cucina.
Siamo entrati velocemente e abbiamo richiuso la porta. Il parmigiano era ancora intatto. Forse il topo era troppo spaventato e non aveva pensato a sbafarselo.
Mio padre ha aperto la portafinestra del balcone e si è messo a guardare dappertutto.
Ma sono stato io ad accorgermi per primo del topo. E’ sgusciato all’improvviso da sotto il termosifone, è corso sul balcone e ha cominciato ad arrampicarsi sul muro per raggiungere la grondaia. Si arrampicava come se avesse le ventose alle zampe e sono rimasto a guardarlo meravigliato.
Non era lungo nemmeno dieci centimetri, compresa la coda.
Mio padre ha chiuso la finestra e ha detto: “Missione compiuta. Andiamo”.
La signora Crisafulli non la smetteva di ringraziarlo.
“Siete sicuri che sia andato via?” ci ha chiesto prima di tornare nel suo alloggio.
“In questo momento sta con la sua famiglia” le ho risposto io.
“L’amministratore mi sentirà”.
La serie del piccolo Antonio di Angelo Petrosino