Edizioni Sonda

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Una lettera dal passato

“Ciao, Rick”.
“Ciao, Tony. Ci vediamo oggi pomeriggio?”
“Dove?”
”Al bar di Aldo, per fare una partita al calcetto”.
“A che ora?”
“Facciamo alle quattro? Prima devo andare con mia madre a comprarmi un paio di scarpe nuove. Speriamo che faccia scegliere a me e che non pretenda di decidere lei. «Sono io quella che deve spendere i soldi, non tu», mi ha detto. E allora? Sono io che devo portare le scarpe, non lei. Può decidere di comprarmi le mutande, che tanto nessuno le vede, non le scarpe, non ti pare?”
“Sono d’accordo con te”.
“A più tardi, Tony”.
“A più tardi, Rick”.
“Ho una fame che non ci vedo. Sei ore di scuola mi hanno spompato”.
Prima di prendere l’ascensore, ho notato che nella buca delle lettere c’era una busta rossa mezzo aperta.
Chi ci aveva scritto? Ho visto subito che era indirizzata a mio padre e che la calligrafia doveva essere quella di una bambina, probabilmente.
Sono entrato in casa e ho detto a mia madre: “C’è una lettera in buca”.
“Stamattina non sono scesa e il postino non ha suonato. Vai a prenderla tu, per favore?”
Mentre la portavo su, ho letto l’indirizzo di chi l’aveva spedita. Abitava a Torino, in Lungo Po Antonelli, e si trattava di una ragazza, come avevo immaginato.
“Papà sta scrivendo?” ho chiesto a mia madre.
“Ha finito una mezz’ora fa”.
“Allora gli porto la lettera”.
“Ciao, Tony. Stanco?”
“Ciao, papà. Abbastanza. E tu?”
“E’ stata una mattinata molto impegnativa ma sono soddisfatto”.
“Quanti capitoli sei riuscito a scrivere?”
“Quattro”.
“Sono tanti?”
“Nella media”.
“Nella buca c’era una lettera per te”.
E l’ho posata sulla scrivania.
Mio padre ha finito di aprirla, visto che l’aletta della busta era scollata quasi del tutto, e l’ha letta subito.
“Le bambine non finiscono mai di stupirmi” è stato il suo commento quando ha ripiegato la lettera e l’ha rimessa nella busta.
Prima che gli chiedessi perché, mi ha detto: “Ho incontrato l’autrice della lettera due anni fa nella sua classe. Era una bambina timida e, prima di salutarci, mi consegnò furtivamente un foglio piegato in quattro. Quando tornai a casa, lessi la lettera. Me la ricordo ancora. Era scritta molto bene. La bambina mi diceva che amava i miei libri, che grazie ad essi stava perdendo un poco alla volta la sua timidezza, perché le storie dei miei personaggi la incoraggiavano ad essere stessa e a non farsi mortificare dagli altri. Nella lettera mi raccontava con molta sincerità parecchie cose di sé. Mi colpì molto e le risposi a mia volta con una lunga lettera, visto che prima di andar via le avevo chiesto l’indirizzo di casa.
Dopo due anni da quel giorno, mi scrive che ha ritrovato la mia lettera, che si è commossa a rileggerla e ha pensato di scrivermi, dicendomi come è cambiata nel frattempo.
Per evitarmi di andare all’ufficio postale, mi ha trascritto il suo indirizzo email e mi dice che le piacerebbe avere una risposta. Le scriverò più tardi. Sorprendente, no, Tony? E’ come una lettera giunta dal passato”.
Scrivere libri è uno strano lavoro, ho pensato. Chissà se un giorno invidierò mio padre o cercherò di imitarlo. Sarà difficile, però.

 


La serie del piccolo Antonio di Angelo Petrosino

La serie di Antonio

 

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