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Edizioni Sonda

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Un passero caduto

Oggi Riccardo e io abbiamo saltato l’ora di palestra. Lui aveva la febbre e io ho voluto fargli compagnia. Ma ho dovuto dire alla prof che avevo mal di pancia, altrimenti mi avrebbe costretto a scendere con gli altri.
La prof si è raccomandata con Rocco, il custode, perché ci desse un’occhiata.
Rocco ci ha messi in guardia: “Se è vero che siete a terra, statevene buoni in classe e non combinate malestri. Io devo pulire il laboratorio di informatica e non posso farvi da guardia tutto il tempo”.
“Cosa sono i malestri?” gli ha chiesto Riccardo.
“Guai, danni, furbate”.
“Non si preoccupi. Come ha detto lei, siamo a terra e non abbiamo intenzione di combinare guai”.
“Meglio così. E’ ora che cominciate a sentirvi responsabili”.
Ho chiuso la porta dell’aula e ho chiesto a Riccardo: “Perché sei venuto a scuola se non stavi bene?”
“La febbre mi è venuta solo mezz’ora fa. Se mi fosse venuta prima di uscire di casa, non sarei certo venuto a scuola. Che cosa facciamo?”.
“Non lo so”.
“Ti va una partita a scacchi?”
“Ma non ti senti debole?”
“Non tanto. Più che altro ho caldo alla faccia”.
“Magari non ce l’hai nemmeno la febbre”.
“Ce l’ho, la conosco, l’ho avuta altre volte”.
Prima di decidere come trascorrere l’ora che avevamo a disposizione, ho aperto una delle grandi finestre a vetri che coprono una intera facciata dell’aula. C’era molta polvere nell’aria.
“In questa classe si spreca troppo gesso” ha detto Riccardo.
Avevo appena socchiuso la finestra, quando un passero è piombato nell’aula come un proiettile.
Non deve averlo fatto apposta, perché ha cominciato a sfrecciare da un punto all’altro dell’aula alla ricerca di una via d’uscita.“Spalanca tutte le finestre” mi ha suggerito Riccardo.
Ma prima che potessi farlo, il passero ha colpito con violenza uno dei vetri, scambiandolo per l’aria aperta.
Il colpo è stato fortissimo, il passero è piombato a terra ed è rimasto immobile.
L’ho preso con una mano e l’ho mostrato a Riccardo.
“E’ morto?” mi ha chiesto.
“Forse. Ha sbattuto la testa contro il vetro come una pietra”.
Mi sono accorto, però, che il petto si sollevava e abbassava.
“E’ ancora vivo” ho detto.
“Deve averne per poco. Si sarà spappolato il cervello”.
“Forse è solo annebbiato per il colpo”.
Non avevo mai tenuto un passero in mano e ho osservato con attenzione becco, palpebre, piume, penne, coda.
“Che ne facciamo?” mi ha chiesto Riccardo.
“Lo metto sul davanzale. Può darsi che si risvegli e se ne torni dai suoi”.
“Pensi che abbia dei figli?”
“E’ probabile. Siamo in primavera, forse ha fatto il nido ed era uscito a cercare del cibo”.
“E’ un maschio o una femmina?”
Ho soffiato più volte sulle piume in prossimità della coda, ma non non sono giunto a nessuna conclusione.
“Difficile dire” ho risposto a Riccardo.
In quel momento il passero si è rimesso di colpo sulle zampe, ha aperto le ali ed è schizzato via verso il tetto di fronte.
“Te l’ho detto che il cervello era solo annebbiato, Rick. Lo diciamo agli altri quando tornano?”
“Meglio di no. Direbbero che ce lo siamo inventati”.

 


La serie del piccolo Antonio di Angelo Petrosino

La serie di Antonio

 

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