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È il 1939 quando Heinz Heger viene arrestato a Vienna: ha inizio la sua discesa agli inferi, con la deportazione nei campi di concentramento di Sachsenhausen e di Flossenbürg e l’infamia del triangolo rosa, il pezzo di stoffa che identificava le persone omosessuali. Questa è la testimonianza di come è riuscito a sopravvivere, tra lavori forzati, torture, stratagemmi e alleanze col nemico.
Una vicenda umana e storica violenta come un pugno nello stomaco, che non si dimentica.
Per il Giorno della memoria (27 gennaio), il racconto di una delle pagine più atroci del novecento, che dà voce alle «vittime dimenticate» del nazismo.
Con un saggio di Giovanni Dall’Orto, giornalista e storico, sulla condizione degli omosessuali in Italia nel periodo fascista.
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«Un libro che ha colpito l’immaginazione degli omosessuali di tutto il mondo, permettendo loro di identificarsi in quella tragedia apparentemente così remota nel tempo e nello spazio».
Giovanni Dall’Orto, storico e giornalista
«Per anni ho dato per scontato che le uniche vittime dei nazisti siano stati gli ebrei. Le vittime omosessuali meritano di avere la stessa considerazione nella storia».
Rachel Binning, docente di Storia all’Università della California, Santa Barbara
Autorə
Heinz Heger è lo pseudonimo dietro cui si celano due persone: il protagonista della vicenda narrata in questo libro, Josef Kohout (1917-1994), e il suo amico Hans Neumann, che ha materialmente scritto il testo, dopo aver raccolto ben quindici interviste fra il 1965 e il 1967, per poi rielaborarle e scrivere la biografia che ricalca passo per passo la vicenda umana di Kohout. Il triangolo rosa di Joseph Kohout, l’unico di cui è rimasta traccia, è conservato presso lo United States Holocaust Memorial Museum di Washington.
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